AUTISMO ADULTO
 

Il Disturbo dello spettro dell’autismo spesso perde di specificità diagnostica nel passaggio tra età evolutiva e psichiatria adulta. Queste persone vengono spesso diagnosticate da adulti come affetti da ritardo mentale, disturbi di personalità e psicosi, venendo meno la corretta indicazione e specificità per quel che concerne la presa in carico psichiatrica e psicoterapeutica.

Vi sono persone – ad alto funzionamento cognitivo – che giungono all’osservazione del clinico solamente in momenti di vita particolarmente complessi, a fronte di stress sociali intensi (problematiche lavorative e sociali), scompensi emotivi, personologici e a fronte di sospetti diagnostici riguardo figli e nipoti.

Solitamente le persone riconoscono che la sintomatologia esperita risulta in linea con quella del Disturbo dello Spettro dell’autismo, nel momento in cui sono presenti cambiamenti (cambio di lavoro, di università) e notano delle peculiarità relazionali che si discostano in modo significativo da quelle dei loro colleghi e/o coetanei.

Negli adulti con ASD si segnala assenza di comprensione di linguaggio metaforico e astratto; poca consapevolezza e piacere rispetto agli scambi sociali afinalistici e mancanza di reciprocità con monologhi su tematiche ristrette. Inoltre, si registra la presenza di comportamenti ripetitivi anche ritualistici, scarsa o assente capacità immaginativa e peculiari reazioni a stimoli sensoriali (suono di ambulanze, automobili…).

Le persone affette da ASD si trovano in forte difficoltà nel momento in cui permangono all’interno di gruppi di persone molto numerosi, prediligono un rapporto 1:1 e sentono la necessità di prendersi “spazi di isolamento” – spesso definiti dagli stessi ricariche sociali – nel momento in cui l’interazione risulta essere necessaria e obbligata. Su piano lavorativo faticano a relazionarsi con i colleghi, in quanto non comprendono come fare e malinterpretano le dinamiche sociali che veicolano i rapporti umani.

Spesso il contatto oculare risulta poco modulato nell’interazione, ma nel corso del loro percorso di vita, hanno trovato delle modalità per far sì che l’Altro non problematizzi tale aspetto (tendono a guardare la fronte e il naso con cui interagisce).

Nel ricostruire la storia anamnestica emerge solitamente come già a partire dalla prima infanzia, erano presenti difficoltà relazioni e comportamenti insoliti, che a causa della scarsa interferenza e/o della limitata osservazione da parte di terzi, non hanno condotto ad una valutazione sufficientemente attenta ed efficace.

Lo spettro autistico

Il termine spettro rimanda ad una dimensionalità, sia sul piano eziopatogenetico, sia su quello della presentazione clinica. Questo implica che la sintomatologia e i tratti afferenti a tale Disturbo non risultano essere uguali per tutti i soggetti, ma presentano una gravità ed una manifestazione modulata in modo così differente da poter essere disposto lungo un continuum.

Esistono infatti quadri atipici di autismo con un interesse più disomogeneo delle aree caratteristiche coinvolte o con sintomi comportamentali meno gravi o variabili e diversi livelli di competenza cognitiva.

Questo sta a significare come le caratteristiche di spiccata disomogeneità fenomenica siano riconducibili ad una famiglia di disturbi con caratteristiche simili, al cui interno si distinguono quadri “tipici” ed “atipici”; tutte queste tipologie sono raggruppabili all’interno dei Disturbi dello Spettro Autistico. Tali considerazioni hanno portato ad una nuova categorizzazione
all’interno del Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali – 5 edizione (DSM-5) in cui si è deciso di incorporare all’interno di un’unica categoria diagnostica – Disturbo dello spettro dell’autismo – diversi disturbi pervasivi dello sviluppo come: Disturbo autistico, Sindrome di Asperger, Sindrome di Rett e Disturbo Pervasivo/Generalizzato dello sviluppo non altrimenti specificato (DGS-NAS).

 

Diagnosi di Disturbo dello spettro dell’autismo (adulto)

Il percorso diagnostico deve dare evidenzia dei segni e sintomi indicati dai manuali diagnostici e statistici, coinvolgendo in modo attivo e partecipativo i soggetti che intraprendono tale percorso diagnostico.

Il primo colloquio risulta essere un momento utile per effettuare un’anamnesi accurata, in presenza o in modalità telematica, ricercando di porre una particolare attenzione alle prime tappe di sviluppo. Se ve ne è la possibilità – a fronte di scarsi ricordi dei soggetti – è possibile ascoltare il punto di vista dei genitori per farsi raccontare la prima infanzia di quest’ultimo.

Nel secondo appuntamento è fondamentale effettuare una valutazione sulle competenze linguistiche e cognitive del soggetto mediante apposite scale, scelte dal clinico sulla base delle competenze del soggetto (Wechsler Adult Intelligence Scale 4° edizione [WAIS-IV] – Standard Progressive Matrices [SPM]).

Successivamente è necessario effettuare un’osservazione comportamentale diretta, supportata da strumenti standardizzati come l’Autism Diagnostic Observation Schedule (ADOS-2) . L’ADOS-2 è uno strumento semi-strutturato, finalizzato ad ottenere informazioni nelle aree della comunicazione, dell’interazione sociale e reciproca, dei comportamenti ristretti e ripetitivi e degli interessi associati alla diagnosi di ASD. L’ADOS-2 è una valutazione articolata in cinque moduli, suddiviso considerando sia l’età cronologica del soggetto, sia il livello di linguaggio verbale spontaneo.

È necessario valutare la eventuale co-presenza di altri problemi emozionali, attraverso strumenti come: l’Intervista clinica strutturata per il DSM-5 (SCID-5), ossia un’intervista da utilizzare come guida per formulare le principali diagnosi del DSM-5. Inoltre, vengono somministrati questionari per confermare o meno la presenza di specifici disturbi emozionali e di altri disturbi del neurosviluppo (ad esempio Disturbo da Deficit di attenzione e iperattività – ADHD) e questionari specifici come
(Beck Anxiety Inventory (BAI), Beck Depression Inventory – II (BDI-II), AQ-TEST).